“La fibrillazione atriale e la terapia con NAO: dalle linee guida alla pratica clinica”
Data:
14 Ottobre 2020
Si terrà a Siena venerdì 16 ottobre il convegno sulla fibrillazione striale, l’aritmia sopraventricolare più comune sia in soggetti sani che in pazienti cardiopatici. Il meeting, dal titolo “La fibrillazione atriale e la terapia con NAO: dalle linee guida alla pratica clinica”, è organizzato dal professor Alberto Palazzuoli, responsabile UOSA Malattie Cardiovascolari dell’Aou Senese, e si terrà presso lo Sheraton hotel. «Il convegno – spiega Palazzuoli – si propone di promuovere e omogeneizzare il trattamento della fibrillazione atriale capirne i meccanismi elettrofisiologici ed emodinamici, ed il rischio clinico legato all’età e all’insorgenza dell’aritmia. Infine l’analisi dettagliata di alcune popolazioni a rischio più elevato di stroke potrà inquadrare il paziente verso un trattamento anticoagulante ed antiaritmico più idoneo». Le patologie più frequentemente associate a fibrillazione atriale sono l’ipertensione arteriosa, l’insufficienza renale, lo scompenso cardiaco, la cardiopatia ischemica e la vasculopatia periferica. «La terapia antiaritmica e le nuove tecniche di elettrofisiologia – aggiunge Palazzuoli – hanno consentito una significativa riduzione delle ricorrenze aritmiche, tuttavia non è ancora ben chiaro quali siano i pazienti che si giovano di una terapia ablativa. Sebbene siano stati fatti significativi miglioramenti nel trattamento dell’aritmia – prosegue il cardiologo – un ulteriore aspetto ancora indefinito riguarda la necessità della terapia anticoagulante sulla base della durata, delle caratteristiche cliniche e strutturali del paziente. Attualmente la terapia anticoagulante viene somministrata sulla base dei criteri CHADs/VASC che identificano in modo sommario il rapporto tra rischio embolico e rischio emorragico». Durante il meeting si approfondiranno questi aspetti e quelli legati ad una nuova classe di farmaci anticoagulanti Inibitori del fattore Xa (NAO) che, conclude Palazzuoli «ha dimostrato un effetto favorevole nella prevenzione del rischio embolico riducendo il rischio di emorragie. E’ quindi importante capire l’uso più appropriato di questi farmaci anche per i pazienti con un rischio emorragico maggiore, ed individuare una serie di parametri clinici e diagnostici che possano riconoscere i pazienti con un profilo di rischio cardiovascolare più rilevante».
Ultimo aggiornamento
14 Ottobre 2020, 10:30